Violenza contro il personale sanitario: il web può aiutare a sensibilizzare?
Le forme di violenza, fisica e verbale, nei confronti del personale sanitario di ospedali e ambulatori non è un’eccezione. Le associazioni di categoria denunciano da tempo il fenomeno che ha portato, secondo i dati del sindacato Nursing Up, a ben 3.000 casi di aggressione nel 2019 di cui solo poco più di 1.200 effettivamente denunciati. Il tema è di grande attualità, tant’è che nei primi mesi del 2020 è stato presentato e discusso un importante disegno di legge contro la violenza sugli operatori sanitari e sociosanitari che mira ad aumentare le tutele per chi, di mestiere, tutela la salute altrui.
Oltre ad una maggiore severità nei confronti di chi compie gli atti violenti, è importante aumentare l’attenzione alla prevenzione. Il web può essere, da questo punto di vista, un prezioso alleato per far conoscere il fenomeno e fornire strumenti ai cittadini per migliorare il rapporto con medici, infermieri e operatori sanitari evitando situazioni che possono sfociare nella violenza. Ma come?
Violenza sul personale sanitario in Italia: 3.000 casi all’anno
Il sindacato degli infermieri Nursing Up, rifacendosi a dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, denuncia che in Italia un infermiere su dieci ha subìto una forma di violenza e il 4% di essi è stato minacciato con una pistola. Secondo il presidente Antonio De Palma, si tratta soltanto della punta dell’iceberg perché esistono molti casi in cui le violenze restano nel silenzio e non vengono denunciate.
Una ricerca condotta dall’Università di Roma Tor Vergata nella primavera del 2019 sempre sul personale infermieristico ha evidenziato come la percentuale di professionisti che è stata vittima di violenza fisica, verbale, telefonica oppure di molestie sessuali sul luogo di lavoro è anche molto più alta e sfiora il 90%. In particolare, l’indagine elenca le tipologie di aggressioni più frequenti: sputi, lancio di oggetti, graffi, schiaffi, pugni, tentativi di aggressione vera e propria, spintoni, calci.
Il personale più esposto è quello che opera in Pronto Soccorso, durante il triage e, secondariamente, quelli che si occupano di assistenza domiciliare. Secondo l’Inail, il 46% delle aggressioni è rivolta a infermieri e il 6% medici, sempre in virtù del fatto che non si relazionano con i pazienti nelle primissime fasi di arrivo in ospedale.
Il Ddl contro la violenza sugli operatori sanitari
La gravità della situazione è testimoniata anche dall’urgenza con cui procedono i lavori per l’approvazione di una legge che contribuisca ad una migliore tutela di medici e infermieri. Il Ministro della Sanità, Roberto Speranza, ha dichiarato che “l’obiettivo è sanzionare le lesioni subite a causa dell’adempimento delle funzioni in qualsiasi luogo le stesse vengano esercitate”. Di qui l’estensione delle tutele anche al di fuori dell’ospedale o dell’ambulatorio che è una delle novità introdotte nel Ddl antiviolenza. Più severe anche le pene che prevedono la reclusione da 4 a 10 anni per i casi di lesioni gravi, da 8 a 16 per quelle gravissime e sanzioni amministrative da 500 a 5.000€.
Quando il disegno di legge verrà approvato, agli operatori sanitari saranno riconosciute le stesse tutele che derivano dallo status di pubblico ufficiale: procedibilità d’ufficio e aggravio delle pene per chi commette aggressioni nei loro confronti. Inoltre, nei processi di aggressione nei confronti dei propri dipendenti, sarà obbligatorio per le Aziende sanitarie costituirsi parte civile. Verrà istituito, infine, un Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie che permetterà di monitorare la situazione e, di conseguenza, intervenire in maniera puntuale contribuendo ad una riduzione drastica del fenomeno.
Come ha sintetizzato Biagio Papotto, Segretario Generale della Cisl Medici Nazionale, l’auspicio è che il disegno di legge venga discusso e approvato presto sempre nell’ottica di un dialogo con i rappresentati delle professioni sanitarie: “Lo Stato dovrà dare una risposta molto ferma nel prendere delle contromisure, perché le aggressioni ai medici e al personale sanitario sono intollerabili. La violenza non è mai accettabile ma in particolar modo quando si rivolge a chi si prende cura ogni giorno delle persone, negli ospedali come negli ambulatori, per le strade e nelle case.”
Sensibilizzare attraverso il web
Nell’attesa che l’iter legislativo introduca delle misure antiviolenza, associazioni di categoria e sindacati hanno lanciato diverse campagne social per sensibilizzare i pazienti e i cittadini alla tematica. Nursing Up, per esempio, ha promosso #NoViolenzasuglinfermieri coinvolgendo attori e presentatori tv che hanno registrato alcuni video divulgativi sull’argomento. Tra essi, Simona Ventura, Giorgio Colangeli, Michela Giraud, Massimiliano Vado e Eva Grimaldi che riportano i numeri delle aggressioni e fanno conoscere questo fenomeno sommerso.
Anche l’Ordine delle professioni infermieristiche di Arezzo ha scelto il web per portare alla luce il tema della violenza contro gli operatori sanitari. Ha lanciato, infatti, una campagna social con l’hashtag #RispettaChiTiAiuta che pone l’attenzione proprio sulla gravità delle aggressioni verso chi, per mestiere, si occupa della tutela della salute altrui. Anche in questo caso sono tante le personalità pubbliche che hanno aderito alla campagna e contribuito, attraverso i propri canali, a diffondere dati e informazioni.
Internet è, dunque, uno strumento prezioso in più per sensibilizzare i cittadini sull’argomento, per far conoscere ciò che accade quando interviene un’ambulanza oppure al Triage di un’ospedale. Infatti, in alcune situazioni, una buona comunicazione medico-paziente, usare metodi come la medicina narrativa o strategie di comunicazione assertiva, non basta.
Arginare fino ad eliminare ogni forma di violenza contro gli operatori sanitari è una priorità, come sottolinea la presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche Barbara Mangiacavalli: “la nostra professione ha come scopo il rapporto coi pazienti. Per noi è essenziale avere una relazione privilegiata con loro, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Ed è altrettanto essenziale che i cittadini, spesso sopraffatti dalla tensione e dalle paure che generano i problemi di salute, purtroppo il più delle volte anche gravi, comprendano che i nostri professionisti lavorano per loro e per il loro bene e non li aggrediscano, ma li mettano nelle condizioni di dare il meglio di sé per poterli davvero aiutare.”