Gli italiani rinunciano più spesso alle cure mediche. Il fenomeno è reale, fotografato dalle principali istituzioni dall’Istat all'Istituto Superiore della Sanità. Tra le ragioni che portano migliaia di persone a evitare le visite e gli esami ci sono i costi e i ritardi di scorrimento delle liste d’attesa. Tuttavia, una recente indagine Eurostat a livello europeo evidenzia come la situazione in Italia sia lievemente migliorata negli ultimi anni e che, in valori assoluti, si è passati da quasi 4,2 milioni di rinunce nel 2009 a poco più di 1,5 milioni nel 2018.
Sono stati resi noti lo scorso dicembre i risultati di un sondaggio condotto da Eurostat realizzato per indagare la percezione che i cittadini europei hanno dei servizi sanitari. Emerge che il 3,6% della popolazione europea con più di 16 anni sente di avere bisogni insoddisfatti per visite mediche o trattamenti sanitari. Si tratta, dunque, di circa 18 milioni di persone che non si sentono sicure dal punto di vista della salute.
Tra i paesi dove una percentuale maggiore di individui rinuncia alle cure troviamo l’Estonia, la Lettonia e la Grecia, mentre in Austria, Spagna e Malta sono pochissime le persone che hanno scelto, nel 2018, di operare dei tagli alla spesa impiegata per curarsi. Guardando, invece, ai termini assoluti: il numero maggiore di rinunce avviene nel Regno Unito dove sono 5,5 milioni, seguito da Polonia (3,3 milioni), Francia (2,2 milioni) e dall’Italia (1,5 milioni).
Ciò che colpisce delle informazioni Eurostat riferite all’Italia è il fatto che il dato raccolto è molto inferiore a quanto individuato da altre indagini condotte sempre nel 2018. L’Istat, per esempio, ha denunciato che 2 milioni di persone hanno rinunciato a visite o accertamenti specialistici scoraggiati dalle liste d’attesa, mentre 4 milioni per via dei costi eccessivi. Ancor più alte le stime del VII rapporto annuale sulla sanità (2017) realizzato dal Censis con RBM Salute per cui sono stati addirittura 12 milioni gli italiani ad aver rinunciato ad una qualche forma di assistenza sanitaria.
La differenza è considerevole e si spiega andando ad analizzare il campione e le tipologie di questioni poste dai vari enti. Il Censis, per esempio, fotografa anche i tagli relativi a tutte le prestazioni sanitarie incluse le cure odontoiatriche (considerate da molti particolarmente costose), ma anche servizi socio-assistenziali.
In ogni caso, è interessante il fatto che esista un tema di rinuncia alle cure e, nonostante Eurostat sottolinei come si tratta di una percentuale in calo, sono ancora molti gli italiani che mettono in secondo piano la salute.
Uno studio realizzato dal think thank The European House - Ambrosetti, riportato nel rapporto 2018 “Meridiano Sanità Index” ha disegnato una mappa dei tagli personali e familiari alla spesa sanitaria. Persiste, da questo punto di vista, un divario tra il nord e il sud: nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, per esempio, solo il 2,5% e il 3,2% ha rinunciato alle cure, mentre in Calabria, Sardegna, Puglia, Sicilia e Abruzzo la percentuale sale fino al 12%.
Esiste, da questo punto di vista, anche una differenza di età: più colpiti sono, prevedibilmente, le persone più anziane. L’Istat, infatti, ha spiegato come a rinunciare alle cure siano prevalentemente persone di età compresa tra i 45 e i 64 anni, sia uomini che donne.
Un elemento su cui le ricerche sono concordi è l’insieme di ragioni che portano i cittadini italiani ed europei a rinunciare alle cure: da un lato, infatti, ci sono i lunghi tempi d’attesa e, dall’altro, gli elevati costi di alcune prestazioni. Nel primo caso, sono stati 241.438 gli italiani ad aver detto di no a una visita per colpa delle liste d’attesa, mentre 60.000 circa, invece, hanno preferito evitare perché i tempi per risolvere il problema erano troppo stretti oppure perché intimoriti dal mondo sanitario.
Dal punto di vista dei costi, la tipologia di servizi sanitari a cui si rinuncia maggiormente sono le cure specialistiche, quelle odontoiatriche in primis, e i servizi socio-assistenziali, talvolta percepiti come secondari o meno importanti.
Se è vero che, complessivamente, sta calando il numero assoluto di italiani che rinunciano a curarsi, cresce la spesa sanitaria privata e “out of pocket” che, sempre secondo l’analisi di The European House - Ambrosetti, ha raggiunto i 36 miliardi di euro, in crescita del 24% rispetto al 2016. “Una tendenza - commentano i ricercatori - che evidenzia uno stato di sofferenza del nostro sistema sanitario nazionale in considerazione di uno sbilanciamento demografico verso la fascia più anziana delle popolazione che genera conseguentemente una maggiore domanda di salute.”
Importante, però, anche il ruolo che può svolgere la digitalizzazione. Sono molti i servizi, a partire dai totem elimina codeai software di gestione dello studio medico, che possono permettere al cittadino/paziente di godere di un servizio di livello, veloce e sicuro e senza perdite di tempo. Che sia questa la strada per la sanità nel futuro prossimo?