La digitalizzazione è un tassello fondamentale per migliorare il Servizio Sanitario Nazionale e renderlo più sostenibile. In questo contesto, l’obiettivo di implementare, per ogni assistito, la Cartella Clinica Elettronica ed il Fascicolo Sanitario Elettronico è un passo necessario, che eviterebbe la ripetizione inutile degli esami, la prescrizione di esami più appropriati e favorirebbe la rapidità e completezza delle informazioni a disposizione di strutture sanitarie, medici, operatori sanitari e pazienti. Tuttavia è una transizione che fatica a prendere piede.
Gli ostacoli sono molti e di varia natura: prima di tutto culturali, c’è ancora una certa resistenza all’adozione di strumenti digitali in sanità, poi c’è l’aspetto organizzativo che richiede per forza di cose un adattamento, infine c’è un ostacolo tecnologico, perché le competenze digitali sono ancora scarse.
Tuti questi fattori hanno contribuito a frenare la piena adozione di FSE e CCE.
Il 2018 si è appena concluso ma, ancora una volta, una delle scadenze più importanti per la digitalizzazione della Sanità è stata mancata. Infatti sembra davvero lunga la strada verso la piena adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Secondo il sito di AgiD che monitora lo stato di attuazione del FSE, Sicilia, Calabria, Campania e la Provincia Autonoma di Bolzano non lo hanno ancora adottato, senza contare che anche nelle Regioni italiane più virtuose l’uso da parte di medici, aziende sanitarie e cittadini, la situazione è a macchia di leopardo.
Ecco i dati principali:
Dunque si conferma un’adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico a macchia di leopardo e più formale che concreta, nonostante gli investimenti. Secondo Mariano Corso e Chiara Sgarbossa dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano in un recente articolo uscito su Agenda Digitale (“Sanità digitale: il 2018 ci ha deluso, ma ecco i buoni segnali per il 2019”) anche nelle Regioni che hanno attivato il FSE, la diffusione tra cittadini e operatori sanitari è ancora scarsa. Questo fatto, unito agli scarsi investimenti sul tema, potrebbe ostacolare ulteriormente la digitalizzazione della Sanità.
Se il FSE è ancora indietro, anche la Cartella Clinica Elettronica soffre dello stesso problema.
Mauro Moruzzi, Presidente Comitato Scientifico CUP 2000 scpa, Responsabile Scientifico Assinter Academy, nel suo articolo uscito su Agenda Digitale “Dematerializzazione in Sanità e Cartella clinica elettronica, questi i passi necessari” solleva un punto: bisogna completare al più presto il processo di dematerializzazione dei flussi di informazione di ospedali e ambulatori. Un obiettivo, osserva Moruzzi, che per essere raggiunto richiede uno sforzo culturale: bisogna abbandonare l’idea che la CCE sia solo una versione dematerializzata della classica cartella clinica di carta, perché sono due cose diverse. La Cartella Clinica Elettronica, o Electronic Patient Record, non è un semplice “documento” ma un nodo della Sanità Digitale, perché le informazioni raccolte qui, a livello della singola struttura sanitaria, sommate fra loro, diventerebbero il Dossier Sanitario del paziente.
Tutte le informazioni quindi potrebbero confluire nel FSE.
Nel caso del FSE, oltre alle resistenze culturali e organizzative, c’è un problema di comunicazione.
Lo dimostrano i dati raccolti da AgiD: se i cittadini e gli operatori sanitari non sanno che esiste il Fascicolo Sanitario Elettronico, non capiscono come funziona né come attivarlo, è molto difficile che lo adottino. Investire in comunicazione, quindi, è senza dubbio uno dei primi passi per sensibilizzare le persone sul tema.
Rispetto alla CCE, se è vero che molte strutture sanitarie l’hanno adottata grazie all’uso di un software gestionale medico e la reputano indispensabile, questo strumento viene ancora confuso con il documento creato con un sistema informatico ma gestito con un processo tradizionale e non totalmente digitale. Anche in questo senso bisogna fare ancora molto sul fronte delle informazioni, della formazione ICT del personale sanitario e delle nuove figure professionali che affiancheranno medici ed operatori sanitari nei prossimi anni.