Modificare il DNA di un embrione umano per impedire ad una mutazione genetica di causare una malattia grave. Droni che trasportano campioni di sangue dalle aree rurali ai laboratori. Medici che, prima di un intervento di chirurgia cerebrale, fanno pratica con una copia del cervello del paziente realizzata con una stampante 3D.
Fantascienza?
No, sono casi reali che confermano quanto stia crescendo l’innovazione in medicina. Tecnologie avanzatissime che offrono uno spaccato delle possibilità offerte da Digital sanitario.
Il DNA ci rende unici. Le nostre abitudini ci rendono unici. Ciascuno di noi è una combinazione unica di fattori genetici e ambientali, e se ci ammaliamo le nostre risposte ad una cura standard possono essere molto diverse da quelle ottenute su altri pazienti.
Sta crescendo un nuovo approccio alla medicina che si basa proprio sul principio per cui siamo tutti diversi e quindi abbiamo bisogno di terapie su misura.
È la medicina personalizzata o di precisione, che potrebbe risultare ancora più efficace grazie all’Intelligenza Artificiale e ai sistemi di Cognitive Computing.
È una disciplina informatica che studia teorie, metodi e tecniche per progettare hardware e software in grado di riprodurre attività svolte dall’uomo. È in questo ambito che si ricorre al Cognitive Computing, cioè a sistemi che si basano su algoritmi di auto-apprendimento e che sfruttano l’analisi dei dati per far sì che il computer imiti il modo in cui funziona il nostro cervello.
In questo modo il computer può aiutare noi essere umani a risolvere più efficacemente e più rapidamente problemi molto complessi, compresi quelli legati alla diagnosi, riducendo la possibilità che si verifichino errori umani.
Orologi e braccialetti saranno i nuovi assistenti per i malati cronici? Pare di sì.
Il dialogo con il proprio medico sarà sempre il punto di partenza per la terapia, ma l’aiuto che questi piccoli dispositivi intelligenti potranno dare ai pazienti del futuro potrebbe essere sorprendente.
In commercio esistono già dei Wearable Devices (dispositivi indossabili) che possono raccogliere, memorizzare e inviare dati come la frequenza cardiaca, quella respiratoria ed il livello di ossigeno nel corpo, che in futuro verranno trasmessi al medico curante in tempo reale.
Alcuni di questi oggetti possono anche segnalare se un parametro vitale non è nella norma lanciando l’allarme, per avvisare immediatamente caregivers e dottori.
In questo modo, nel prossimo futuro, non dovremo più recarci così spesso dal medico per i normali controlli di routine, e quando ci visiterà, avrà già tutti i dati in automatico. Non dovrà più passare parte del tempo a misurare il nostro peso, la pressione, il battito cardiaco e la frequenza respitatoria.
A farlo ci penseranno i dispositivi intelligenti che invieranno in tempo reale tutti i dati al computer del nostro dottore, che potrà dedicarsi a noi, ascoltarci con la massima attenzione, delegando alla tecnologia le attività di routine.
Ogni attività che compiamo produce dati. Per quanto tempo usiamo lo Smartphone? Cosa ci piace e cosa no? Quali sono le nostre abitudini? Siamo in buona salute?
Ogni volta che volontariamente o involontariamente inseriamo un dato in un sistema informatico, usiamo una App o un software, produciamo informazioni.
Lo stesso accade quando i nostri dati biometrici vengono archiviati.
Accade già oggi e molto probabilmente, in futuro, i dati verranno raccolti fin dal concepimento, quando le persone saranno ancora nel grembo materno e le terapie verranno somministrate già in fase embrionale.
I primi passi sono già stati mossi.
Nel 2017 un gruppo di ricercatori ha modificato il DNA di embrioni umani per prevenire una malattia genetica ereditaria, la cardiomiopatia ipertrofica, una patologia che può causare la morte improvvisa. L’obiettivo è che un giorno i bambini possano nascere e vivere senza sviluppare malattie genetiche gravi, che che in molti casi portano sofferenze e morte prematura.
Se questo è lo scenario si pongono due ordini di problemi.
Il primo è etico: fin dove ci si può spingere nel modificare il DNA?
Il secondo riguarda la protezione dei dati.
I dati genetici e sulla nostra salute sono i più preziosi che abbiamo. La possibilità che vengano “aggregati e trattati” a scopi terapeutici impone una seria riflessione sul loro utilizzo e sulla loro sicurezza.
Per esempio, dicono alcuni, a Google, che si appresta a realizzare una banca dati genetica.
Secondo Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, il rischio è che i nostri dati possano essere usati per la profilazione e quindi essere utilizzati per scopi commerciali.
Da chi? Per esempio dalle imprese assicuratrici o dai datori di lavoro che potrebbero selezionare il proprio personale sulla base di determinate caratteristiche genetiche. O ancora dalle case farmaceutiche che potrebbero testare nuovi farmaci solo su alcune persone.
Fantascienza?
Ad oggi non è dato saperlo.
Per ora si sa solo che sono diverse le istituzioni e gli enti di ricerca che hanno investito in Google Genomics, la banca dati di Google, uno spazio in cui università e ospedali possono depositare dati di analisi genomiche per poterle studiare in modo più rapido e interattivo su uno spazio condiviso.
Fonti:
- 5 key trends for the future of healthcare - World Economic Forum
- Medicina di precisione e personalizzata con l’intelligenza artificiale: presente e futuro (Agenda Digitale - Maggio 2018)
- "L'uso dei dati genetici è un pericolo per la privacy" - Intervista ad Antonello Soro - Nicola Pinna, "La Stampa" - 31 ottobre 2017 - dal sito dell'Autorità Garante per la privacy