La strada che conduce alla digitalizzazione della sanità è, ormai, tracciata anche in Italia. C’è sicuramente chi teme che la crescita e la diffusione di strumenti ad alto tasso tecnologico possano andare a modificare il rapporto tra medico e paziente, ma non è stato provato che questo cambiamento vada nella direzione di una spersonalizzazione della relazione. Al contrario, anche strumenti come i chatbot possono, se utilizzati in maniera consapevole, trasformarsi in risorse davvero preziose. Cosa sono e come funzionano? Scopriamolo subito per capire in che modo i poliambulatori hanno già iniziato ad utilizzarli.
I Chatbot sono dei software che, grazie alla tecnologia dell’Intelligenza Artificiale, sono in grado di simulare una conversazione scritta con l’utente, come se stesse partecipando ad un vero e proprio dialogo su un argomento.
Grazie all’evoluzione che in questo settore corre velocissima, oggi i chatbot sono capaci di raccogliere informazioni da conversazioni precedenti, ma anche attingere a dati presenti nel database dell’azienda o del servizio oggetto delle questioni. Le domande, in alcuni casi, possono essere addirittura pronunciate e, ugualmente, il chatbot saprà comprenderle, processarle e restituire all’utente una risposta compiuta.
In ambito sanitario, i chatbot, chiamati anche healthbot, già oggi sopperiscono a diverse necessità. Principalmente servono ad assolvere una serie di funzioni molto schematiche e ripetitive come la prenotazione degli appuntamenti (servizio molto prezioso per un poliambulatorio), il controllo dell’identità dei pazienti, la verifica di eventuali coperture assicurative, ma anche il recupero di informazioni sulla storia clinica del paziente, su allergie o terapie passate. Tutte informazioni preziose sia per il medico che per il paziente che possono, risparmiando del tempo, dedicarsi di più alla valutazione dello stato di salute attuale, per esempio.
Un’altra potenziale funzione degli healthbot è quella di supportare e accompagnare il paziente, rispondendo ad alcuni dubbi quotidiani, quando il medico per qualche ragione non può essere presente. È necessario, naturalmente, programmare accuratamente il bot, così il paziente potrebbe consultarlo in caso di dubbi su alcuni sintomi e l’AI potrebbe rispondere tranquillizzando la persona, ma anche suggerendo di recarsi subito da uno specialista. Un altro potenziale impiego molto utile è quello sulle terapie farmacologiche: il bot, in assenza di un medico, può ricordare al malato o anche ad un suo familiare di prendere la determinata medicina, ricapitolando dosaggi e orari per una cura più efficace.
Certamente è fondamentale non fare confusione e non considerare il bot come un sostituto del medico. È piuttosto uno strumento in più che, se ben sviluppato, può supportare lo specialista nelle sue funzioni perché, è sempre bene ricordarlo, il medico è insostituibile. Se è vero che il chatbot può aiutare, per esempio, a legare i sintomi ad una possibile diagnosi, questa può essere effettuata soltanto da un professionista che saprà cosa fare ed eventualmente cosa prescrivere.
Guardando ai chatbot già attivi è facile comprendere che la principale funzione che realizzano, attualmente, è quella di incoraggiare gli utenti a seguire uno stile di vita sano. Suggerimenti sull’alimentazione, sull’attività motoria, sulle abitudini salutari sono i servizi più rodati fra tutti quelli sperimentati fino ad ora.
Il primo lanciato negli Stati Uniti è stato Eliza, creato per simulare il dialogo con uno psicologo rogersiano: in questo caso il “terapeuta” non faceva altro che rispondere e porre domande al paziente sulla base di quanto detto in precedenza durante delle reali sedute. Ci sono, poi, HealthTap per formulare questionari in forma anonima che vengono sottoposti a dei medici che possono ricontattare l’utente/paziente entro 24 ore, oppure Your.MD che ipotizza una diagnosi sulla base dei sintomi descritti. C’è poi Florence, una vera e propria infermiera personale digitale che ci ricorda che medicine dobbiamo prendere, a che ora, in che quantità e per quanto tempo.
In Italia, verrà lanciato quest’anno MSD Salute Bot, un chatbot pensato per i medici e che dovrebbe servire a dare informazioni su prodotti, medicinali, patologie agli specialisti. Di fatto, si dovrebbe trattare di un modo alternativo ed innovativo per mantenersi in costante aggiornamento.
Il Centro Medico Santagostino, invece, ha recentemente attivato Jane, il primo chatbot destinato interamente a rispondere a domande sul consumo della cannabis. Sono più di 1.500 le questioni a cui Jane può dare risposta e possono essere poste da chiunque, in maniera assolutamente anonima. Testato insieme ai ragazzi delle Scuole Manzoni di Bologna, questo bot ha il chiaro scopo di fornire informazioni scientificamente fondate, senza moralismi, ai ragazzi.
Un’opportunità in più, dunque, per aumentare la sensibilità e l’informazione attendibile e scientificamente fondata su argomenti che sono molto delicati. Gli healthbot possono trasformarsi in veri e propri assistenti per i medici che potranno dedicarsi con ancor più nozioni a disposizione ad una diagnosi corretta e ad una terapia efficace.
Hai mai avuto esperienza con un chatbot?