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Medici in burnout: la tecnologia può aiutarli?

Scritto da Enrico Grilli | 22 novembre 2018

Neurologi, oncologi e urgentisti, sono queste le specializzazioni mediche all’interno delle quali si registrano i casi più frequenti e diffusi di medici in burnout. Un problema più comune di quanto si pensi che può avere conseguenze anche gravi sulla salute della popolazione. Trovare una soluzione è urgente e necessario, la tecnologia può, attraverso per esempio l’adozione di software gestionali, aiutare ad alleggerire il carico di stress da lavoro e supportare concretamente i medici e gli operatori sanitari nel loro quotidiano.

Medici in burnout: i dati delle ricerche

I dati raccolti sono decisamente allarmanti. A gennaio 2018 i ricercatori di Medscape hanno coinvolto più di 15.000 medici statunitensi di varie specialità per analizzare e approfondire le loro condizioni di salute psicologiche in relazione al lavoro. Ben il 42% delle persone che hanno partecipato alla ricerca ha riportato casi di burnout, il 19% forme di depressione clinica, il 70% forme di depressione “colloquiali” con frequenza medio alta.

Le donne risultano più soggette a questo tipo di problematiche rispetto agli uomini, ma la Medscape Survey evidenzia come anche l’età sia un fattore determinante: la probabilità di burnout è pari al 35% per i medici di età compresa tra 28 e 34 anni, e sale al 50% per la fascia 45-54.

Anche il tipo di specializzazione e, di conseguenza, le modalità di lavoro influiscono sulla salute psicologica dei medici. Quelli più a rischio sono, infatti, urgentisti, oncologi, neurologi, ma anche i medici di medicina generale e quelli che si occupano di medicina interna. I più sereni sono, invece, chirurghi plastici, oculisti e psichiatri, accomunati, secondo i ricercatori, dal fatto che tendenzialmente non operano in condizioni emergenziali o di particolare urgenza.

In Europa, invece, è stata realizzata nel 2017 un’indagine dalla European Society for Medical Oncology che ha coinvolto 737 oncologi in 41 paesi. I risultati sono in linea con le ricerche statunitensi: il 71% sono colpiti dal burnout, e in molti casi si tratta di una condizione che parte già dagli anni della formazione.

Quali sono gli effetti del burnout sui medici?

Sebbene i medici intervistati siano convinti che la condizione di burnout, definita come una forma di esaurimento emotivo con una tendenza alla spersonalizzazione del lavoro, non abbia un impatto sulla professione, non sono dello stesso avviso psicologi e ricercatori. La prima conseguenza è, naturalmente, sulla salute stessa dei medici: infatti una delle fasi del burnout è l’apatia e una condizione di depressione clinica cronica.

In secondo luogo, gli esperti sottolineano come il burnout dei medici può avere conseguenze anche sui pazienti, aumentando la possibilità di compiere errori. Non si tratta di puntare il dito contro i medici, tutto il contrario: le condizioni di lavoro sono tra le principali responsabili dei casi di burnout ed è proprio da lì che è necessario ripartire per tutelare la salute degli operatori sanitari.

In una condizione di “morte professionale”, conseguenza del burnout, il medico è meno performante sul piano organizzativo, cala la qualità della performance e spesso aumentano anche i casi di assenteismo. Inoltre alcuni studi sottolineano come si registrano casi di:

    • mancanza di cura dell’igiene delle mani;
    • superficialità nel controllo durante la preparazione del farmaco;
    • minor attenzione nella gestione di situazioni impreviste;
    • calo della convinzione di essere effettivamente capace di svolgere un determinato compito.

Quali soluzioni per supportare i medici?

Evitare e prevenire i casi di burnout tra i medici è, dunque, fondamentale e le strade che si possono percorrere sono differenti e complementari. Da un lato, vi è il rispetto della Direttiva 88/2003 CE a proposito degli orari di lavoro: gli operatori sanitari non dovrebbero mai saltare i turni di riposo ed eccedere dei limiti al lavoro straordinario.

Ma anche la tecnologia può essere un aiuto.

I vantaggi di un software gestionale contro lo stress

Ciò è vero in ospedale, nella libera professione e anche in poliambulatorio. Quando l’attività viene gestita in autonomia anche la tecnologia può contribuire ad alleggerire il carico di stress. I software gestionali più all’avanguardia, infatti, vanno a rispondere esattamente alle maggiori fonti di preoccupazione, stress e senso di perdita di tempo. Per esempio, la gestione degli appuntamenti che può essere almeno parzialmente automatizzata attraverso un servizio di messaggistica, oppure condividere un’agenda unica in cloud non solo rende più agile la comunicazione all’interno del poliambulatorio stesso, ma semplifica spostamenti e disdette degli appuntamenti.

Una delle maggiori fonti di stress su cui è possibile agire grazie alla tecnologia è il carico di lavoro burocratico che ogni medico ed operatore sanitario deve seguire per ciascun paziente: cartella clinica elettronica, FSE, invio dei dati sanitari per il 730 precompilato, regolamento europeo sulla privacy sono tutti elementi che un software gestionale può tenere sotto controllo, minimizzando il rischio di errore e trasformandosi in un vero alleato per la pratica quotidiana.